Una trasferta di lavoro, un manager galante, un incontro intrigante… Ecco un nuovo racconto della nostra socia Daniela Ori, per la rassegna LA SCRITTURA CURA.

L’AVVENTURA MANCATA*

di Daniela Ori

Franco è sempre stato galante con le donne. Ce ne fossero di uomini come lui, uno di quelli che ti fa passare davanti in ascensore e che ti apre la porta dell’ufficio e ti precede per aprirti la portiera dell’auto. Ce ne fossero di uomini così, in questo mondo di “fenomeni” sempre più gonfiati di muscoli e arroganza e sempre meno veri e gentili.

Sì, le donne hanno sempre attratto molto Franco. Anche ora, quasi al termine di una brillante carriera di manager di un’azienda farmaceutica, lui che si sporge sul davanzale della sua vita e la passa in rassegna, come un film a tinte forti, perché Franco ha sempre vissuto tutto, con entusiasmo e passione. Soprattutto con passione. 

Il telefono squilla continuamente mentre stamattina il dirigente viaggia verso il capoluogo di provincia per un importante incontro di lavoro; con lui Chiara, la sua diretta collaboratrice addetta alle pubbliche relazioni e i due chimici, Marco e Paolo, i suoi assistenti più stretti, responsabili della qualità dei prodotti che l’azienda produce. 

Franco si destreggia abilmente tra telefonate di lavoro e quelle dei suoi due figli. Lo chiama il “grande”, nato dal primo matrimonio, per avvertirlo che l’aereo da Barcellona, dove si trova per uno stage di studio, non potrà partire, a causa del maltempo. Rientrerà in Italia l’indomani, con il treno. Franco chiede a Chiara, nel viaggio seduta di fianco a lui, di comporgli il numero di telefono della madre del ragazzo. Al telefono Franco è gentile con la prima moglie, nessun rancore nei toni, la saluta così “Ciao bella!” e poi, rivolto ai colleghi in auto con lui, a voce alta ricorda con nostalgia di come la ex moglie abbia sempre indossato con eleganza gli occhiali scuri, per proteggere dalla luce i suoi bellissimi e delicati occhi azzurri. 

Il telefono squilla ancora, questa volta è la figlia, nata dalla seconda relazione di Franco, con una donna molto più giovane di lui, brillante nel lavoro ma fragile emotivamente. La ragazzina, alle scuole medie, lamenta al padre la sua odierna difficoltà con i compiti di Inglese e gli chiede quando rientrerà a casa. Franco la rassicura, le correggerà i compiti stasera, prima di cena, e poi, rivolto in particolare a Marco e Paolo, commenta la difficoltà di crescere, da solo, una figlia ancora bisognosa della mamma, quella mamma che non è più, stroncata cinque anni fa da un fatale incidente stradale. L’attuale compagna, d’altra parte, pur molto comprensiva, non è la madre di sua figlia e ha un figlio lei stessa da accudire, nato da un precedente matrimonio finito.

Ma Franco sorride. Non perde mai l’ironia e l’umorismo, che lo aiutano ad affrontare tutto nella vita, anche le avversità.

L’incontro di lavoro ha successo e Franco, con i due assistenti e l’insostituibile collaboratrice Chiara, s’avvia verso il parcheggio, per recuperare l’auto posteggiata al mattino, pronto a ripartire per rientrare in ufficio. Si è alzata un po’ la temperatura a riscaldare questa precoce giornata autunnale e finalmente fa ancora caldo, a quest’ora del primo pomeriggio. Franco arresta l’auto all’uscita del parcheggio custodito, per corrispondere il prezzo della custodia. Ma ecco qualcosa che brilla attira la sua attenzione. È la folta e lunga capigliatura bionda della donna che presta servizio all’uscita del parcheggio. La donna è distratta e non si è accorta che un’auto sta uscendo dall’area custodita e si è fermata per il pagamento. Ha le mani sulla testa, il viso abbassato, nascosto dai tanti capelli e, a voce alta, esprime dolore. 

“Chiedo scusa, se ho fatto attendere, ma ho una fortissima emicrania!” – lamenta la donna e in quel momento scosta i capelli dalla fronte e rivolge lo sguardo a Franco. L’uomo rimane incantato da due magnetici occhi neri, su un viso dalla pelle di luna, un viso dolce, incorniciato da folti capelli biondi, lisci, lunghissimi. 

“Se ha mal di testa, scendo dall’auto e cerco subito una farmacia, le vado a prendere qualcosa, vuole?” – risponde gentilissimo Franco, appalesando preoccupazione mista ad interesse. 

“Forse ho un calo di zuccheri, sarà che non mangio da ieri sera” – continua la donna, lusingata dall’interessamento.

“Le vado a prendere un gelato, un panino, mi dica quello che desidera” – insiste piacevolmente Franco. 

La donna rifiuta gentilmente e si giustifica: “Sa, vengo dal Marocco, sono mussulmana e sto osservando il Ramadam, fino a questa sera non posso toccare cibo”. 

Franco la guarda meglio e le rivolge subito il suo complimento migliore: “Viene dal Marocco, sì, in effetti mi ero accorto della sua pelle ambrata, straordinariamente ravvivata da interminabili ciocche d’oro”. Un sospiro trattenuto e poi Franco le rivolge solo una domanda: “Qual è il suo nome?”. Soave come una melodia africana, la donna risponde “Rachida” che, nella nostra pronuncia, suona così: “Rascida”, con l’accento che si adagia languidamente sul quella “i”.

E nel saluto alla sensuale Rachida, Franco trasporta la mente verso frammenti di altre storie lontane, perdute nel tempo, ma vive e tangibili nei ricordi. Poi, lasciata da parte l’immaginazione, si rivolge ai colleghi, in auto con lui e sospira a voce alta: “Ah ragazzi, se fosse stato qualche tempo fa, vi avrei portati tutti quanti alla stazione a prendere il treno per rientrare a casa e io me ne sarei tornato qua, al parcheggio, con un gelato e un mazzo di fiori. Ne sarebbe nata una storia, che sarebbe durata…almeno tre mesi”. 

Chiara sorride e, per consolarlo, gli porge un bicchiere di whisky, dal bar interno dell’auto, mentre Marco e Paolo fantasticano sull’avventura mancata del capo.

Daniela Ori

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*Ogni riferimento a persone o a situazioni reali è puramente casuale.

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