OPERAZIONE D.O.G. di Manuela Fiorini

In tempo di guerra fai cose che in tempo di pace non ti sembrano normali. Ma anche questo fa parte della pandemia. Buon divertimento con l’ultimo racconto di Manuela Fiorini.

La missione si presenta particolarmente pericolosa. Indosso una tuta scura che si confonde con il nero della notte e la bruma della nebbia padana. Scelgo l’abbigliamento scuro anche per lui, il mio fedele compagno di missione.

Siamo un cromatismo perfetto di mimetismo. Devo poi sincerarmi di essere sempre in contatto con la base, non si sa mai, tutto può accadere. Prendo una di quelle buste antiscippo dal cassetto. Srotolo le cuffie e dopo un paio di parolacce per qualche nodo di troppo, le collego allo smartphone. Metto il cellulare nella borsa antiscippo, nascondo la borsa antiscippo sotto la giacca. Dallo scaldacollo faccio uscire le air pods (adesso si chiamano così), poi me ne infilo una in ogni padiglione auricolare. Dannazione, sono bianche, possono fare riflesso, meglio indossare anche il cappuccio. È tutto pronto per la missione.

Faccio una chiamata di prova al mio contatto.

“Pronto C, mi senti?”.

“Forte e chiaro”. 

“Mi raccomando, restiamo collegati, non si sa mai. Se lancio il May Day scendi e intervieni a darmi man forte contro il nemico”.

“Ce l’hai il lasciapassare?”.

“Sì, qui nella tasca, l’ho lasciato in bianco nella parte riservata alla data, così se non mi intercettano lo uso anche domani, o dopodomani…”.

“Perfetto. Rimarrò di guardia. Terrò ogni luce spenta, ma sappi che sono con te e seguirò ogni tua mossa”.

Mi sento rassicurata. Con il C di vedetta, non ho nulla da temere, anche perché è bello piantato, sì, insomma, incute timore solo a guardarlo, dopo anni di allenamenti e sollevamento pesi. 

Sono pronta per la missione. Scendo le scale guardinga. Apro piano la porta, facendo attenzione a non fare rumore per non destare eventuali nemici dal loro sonno provvidenziale. L’aria fredda della sera mi fa lacrimare gli occhi, la nebbia fitta si insinua nelle mie narici. Ma non mi lascio intimorire. Solo quando varco la soglia della mia zona di sicurezza, il cuore comincia a battermi all’impazzata.

“Tutto bene?”. 

La voce del C mi risuona nelle orecchie. Mi ero dimenticata di essere in collegamento con lui.

“Sì, tutto bene. Ma se non ti dico nulla io, non parlare, non si sa mai. Qui c’è un silenzio di tomba e ogni rumore può attirare l’attenzione del nemico su di me. Procedo”.

Avanzo nella notte, mentre il mio fedele compagno di missione mi precede, annusando il terreno e alzando la gamba di tanto in tanto. Ora viene la parte più difficile. Siamo su una strada principale, siamo visibili, siamo un bersaglio.

Sprono la mia Unità Cinofila ad avanzare, mentre lui si fa distrarre da un odore di feromoni lasciato da un soggetto femminile della sua specie.

“Dobbiamo procedere, il nemico è in agguato” – sussurro.

Per fortuna, raggiungiamo una strada chiusa da un lato da un terreno recintato, dall’altro da una serie di case in fila. Tra una e l’altra si intravedono le luci soffuse dei lampioni della via principale. 

“Ti vedo…” – mi dice il C. Poi fa oscillare nel buio la luce di una torcia. Io gli faccio un cenno con la mano. 

In quel momento, un rumore mi fa sussultare. Rimango in silenzio. Mi schiaccio contro il muro di una casa, immobile. Per fortuna, dopo due minuti che sembrano eterni, tutto torna silenzioso. Da lontano, il verso dell’assiolo mi fa sussultare di nuovo. I fari di un’auto illuminano la strada principale. Sono perduta. Mi blocco all’istante, come una pietra. Se resto ferma, forse il nemico non riuscirà a individuarmi. 

“Tutto bene?”. Sento di nuovo la voce del C nelle orecchie. “Non ti vedo più”.

“Sono nascosta tra due auto parcheggiate. Ho intravisto il nemico, ma ora ha tirato dritto per fortuna”.

Intanto, la mia Unità Cinofila ha finalmente prodotto lo scarto del suo pasto. Tiro un sospiro di sollievo. Metà della missione è compiuta. Ora devo solo tornare indietro, sfidando la sorte. E il decreto. Prendo un grosso respiro. L’Unità Cinofila ora ha fretta. 

“Corriamo!” – gli sussurro. E lui parte in quarta. Vedo il cancello di casa come un assetato scorge un’oasi in pieno deserto. Sono salva! Entro e me lo richiudo alle spalle. Poi corro dentro al portone. Libero il peloso dal guinzaglio e lo lascio salire le scale, mentre mi tolgo cuffie, giacca mimetica, scalda-collo tattico…e tiro un sospiro di sollievo. Arrivo in casa e mi butto sul divano.

“Allora, anche stasera l’Operazione D.O.G è andata bene” – mi canzona il C.

Lo guardo in tralice. “Sì, anche per oggi, missione compiuta”. 

È mezzanotte passata, ho evitato un automobilista che come me sfuggiva al coprifuoco girando a luci spente, ho mandato all’inferno quel Giuda di un assiolo, sicuramente una spia al soldo del DPCM, ma il peloso anche stasera ha fatto pipì. Non mi ha fermato nessuno e non ho preso la multa. Indosso il pigiama e mi metto a letto. La mia Unità Cinofila mi aspetta ronfando. 

Domani è un altro giorno, domani sfideremo ancora la sorte e il coprifuoco, domani mi sentirò di nuovo una criminale per portare fuori il cane a pisciare a mezzanotte, come faccio da anni. Ma anche questa è la Pandemia. 

Modena, 10 febbraio 2021

2021@copyrightManuelaFiorini

3 commenti

  1. Quello che non si fa in tempo di pace, diventa quasi regola in tempo di guerra. Riti che si modificano, con strategie. Anche questo è pandemia. Brava Manuela!

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